Ranunculaceae e Clematis

Info tratte da


I ranuncoli si trovano nei prati, nei campi, ai confini delle nevi e dell'acqua, perché questo genere è uno dei più intraprendenti. Appena si scioglie la neve in montagna vediamo il Ranunculus glacialis, dai grandi fiori bianchi, che a volte assumono una tonalità rosa pallido.

Un altro ranuncolo bianco è il Ranunculus aquatilis, che galleggia sull'acqua come una minuscola ninfea; le foglie sommerse sono filiforme.



Un fiore particolare è l'anemone, nel quale il calice e la corolla sono confusi insieme e sono entrambi colorati in modo che non si possono distinguere. Al di sotto del calice l'anemone porta una delicata coroncina di foglie che si chiama calicetto, cosicché se troviamo un fiore grande e a colori delicati, di solito primaverile, che abbia tutte queste caratteristiche non c'è dubbio: si tratta di un anemone, che si trova soprattutto in montagna.


Un altro fiore di montagna è la Rosa di Natale, Helleborus niger, che fiorisce in inverno e che a volte spunta tra la neve; ha un parente, l'Elleboro verde (Helleborus viridis), velenosissimo. Una cosa che stupisce sempre i botanici è come facciano questi fiori invernali a trovare insetti impollinatori...


Altre Ranuncolacee davvero splendide sono il Delphinium, specialmente il Delphinium elatum, l'Aconito (Nota di Lunaria: velenossismo! Anche solo toccarlo a mani nude è pericoloso) il Trollius, specialmente il Trollium sinensis, con un fiore dorato, l'Aquilegia.



 

La Clematis è una rara liana europea, rampicante; ve ne sono parecchie specie in Italia (piuttosto diffuse, anche agli angoli delle strade): Clematis vitalba ha fiori piccoli e bianchi, ed è diffusa al nord, nell'Italia centrale si trova la Viticella, con fiori azzurri; anche la Clematis alpina ha fiori azzurri. I semi della Clematis sono costituiti da code fioccose. Nelle piante del genere Clematis non esistono petali: sono sostituiti dai sepali del calice colorati in bianco o azzurro. La Clematis è velenosa, contiene alcaloidi e saponine che possono provocare irritazioni cutanee.












 

Il bosco... di Liala

Il bosco, sbocciato dal ripido monte, assaliva il cielo alle loro spalle. Davanti a loro siepi di foglie verde-scuro, maculate di ruggine, li separavano dal lago. Grosse radici, scalzando il terreno, uscivano, a serpi e a gobbe, di tra il musco cupo. Un lungo e rettangolare vaso di argilla, vuoto e dimenticato, pareva una vecchia bara dalla quale se ne fosse scappato il morto; un'anfora rossa, alta come un uomo, lasciava traboccare fiori di ogni specie della sua apertura, fiori che il vento aveva portato lì, quasi timidi semi e prorompevano, in rigogliose corolle. Fra il vuoto rettangolo d'argilla e il pomposo fiorire dei cento fiori, sorgeva un albero carico di magnolie e di piccoli alati adunati a far coro. E su tutto scendeva la luce del sole, vivida, petulante, spietata.

***

Una giornata. Una sera. Un altro mattino. Pioggia. L'estate era decisamente finita. Le ville si chiudevano. Le finestre, colme di loro interni, a una a una si chiusero. E nello specchio tranquillo si dipinsero rettangoli chiusi e senza splendore: che parvero grandi occhi un giorno ridenti e felici, chiusi sull'immobile freddezza di un volto.

Era incominciata la pioggia d'autunno. Picchiettando sulla superficie liscia dell'acqua le gocce cadenti facevano scaturire graziosi e minuscoli zampilli. Per ogni goccia che cadeva, un grazioso zampillo si levava: e pareva così che non dall'alto venisse la pioggia, ma scaturisse dal profondo.

(...) Dagli abeti, dai pini, dalle camelie di Villa Fiamma scendevano goccioloni: e se la grossa goccia piombava su una foglia, ne scaturiva un suono secco, rapido, simile al colpo di un'arma da fuoco sparato da lontano. Il terreno era cosparso di aghi di conifere: le nubi erano buie e parevano immote.




e da "Ombre di Fiori sul Mio Cammino"


Pagina 39

La Luna andava per l'arco del cielo, il cielo era deterso come un cristallo, non c'erano stelle, l'acqua era cheta: e, osservata attentamente, pareva che respirasse. Per quel ritmico movimento che le correnti subacquee o il vento imponevano al mare.
Lontano, i vecchi mulini a vento alzavano alla luna le loro braccia: parevano giganti in atto implorante, parevano enormi rose canine cui fosse caduto un petalo, parevano stelle che avessero perduto una punta."

Pagina 84

"Desiderò con tale intensità quel bacio, che d'un tratto le parve di sentire presso di lei un sospiro lieve. Strinse le palpebre, si raccolse ancor più in se stessa. Una mano la sfiorò. Ne fu certa. Il cuore le fece male per la troppa gioia, l'anima salì alle altezze della beatitudine. E nei suoi capelli, lieve lieve, una bocca trepida sostò, per un istante. Liana trattenne il respiro. La bocca adorata e attesa si distolse dalle chiome vive."

Pagina 85

"Così andavano le giornate in fila serrata. Sfolgorii di sole: sfolgorio d'acque che si prendevano tutto quel sole. Gioia di fiori: profumo di gelsomini e di rose.
Andavano i giorni nel sole, nel vento. Sfilavano le notti nelle stelle e nel vento. Capitava sull'isola qualche repentino temporale."

Pagina 88

"Era una via malandata, allora, con ciuffi di erbe che spuntavano anche nel mezzo ma resa attraente per gli oleandri che vi fiorivano in libertà. (...) Un oleandro rosa saliva altissimo, un altro si piegava ad angolo retto; un altro non aveva né rami né fronde nel centro e aveva fronde e rami a destra e a sinistra del tronco, così, che visto di lontano, pareva una sciatta U. Tra i ciuffi di erbe apparivano palline azzurre, misteriosi lapislazzuli di una flora miracolosa. (...) Un barlume di mare, lontano. (...) Alle loro spalle c'era un bosco di oleandri: davanti un bosco di oleandri. Sopra il loro capo, un cielo rosa di oleandri."

Pagina 99

"Il sole scendeva piano piano, e le cose terrene mutavano colore. 
Era come un sovrapporsi di tinte alle tinte già esistenti. Diventavano più cupi gli amarilli e per contro si facevano più vividi gli oleandri rosa. Si spegneva il verde delle erbe e delle verzure e diventava smeraldino quello delle palme. Il mare si fece da azzurro turchino; il cielo diventò viola. L'Anatolia lontana si vestì di veli color amaranto; le rive sorrisero del loro sorriso di spuma."

Pagina 305

"Sto bene così: sola. Con gli occhi immersi nelle stelle. Dianzi, fra quelle stelle, si intagliava il fiero profilo di Amore. Si intravedeva la linea sinuosa della sua bocca bella. 
Era là il mio Amore, dianzi. Fra le stelle del suo cielo.
Guardo... Poi chiudo gli occhi. Cerco sul guanciale la carezza di Amore. E mi pare che egli sia lontano, lontano, lontano... Scende repentina una lacrima, scorre sul viso, bagna il guanciale. Perché piango? Non lo so: né so perché torni alla mia mente una frase bella, triste e dolce, udita, studiata o letta chi sa dove e che sa quando...
Lacrime, lente lacrime, non so che significhino, spuntano dal cuore dal profondo di quella divina disperazione e si raccolgono negli occhi mentre si guardano i felici campi di autunno e si pensa ai giorni che non sono più...
Lacrime, lente lacrime, scorrono sul mio viso. Perché? Io vado incontro a giorni belli, sulla mia felicità si incurva beata una notte tutta splendori. Oh, perché io piango e penso a giorni che non sono più?"

Pagina 423

"Spunta su i rami un'altra foglia. Tenera anch'essa e diafana. Avanza inesorabile un'altra primavera.
Tutto ritorna come una volta, come nel tempo in cui sulla terra sorrideva Amore.
Trabocca il glicine dopo aver dato l'assalto alle cancellate e ai muriccioli.
Sorride frangendosi dolcemente alla riva il mare.
Sgombro di nebbie riappare il cielo sereno.
S'ammanta di oro la mimosa.

Tutto ritorna: come sempre.
Ma il più bel sorriso del mondo non tornerà mai più. Né più ritornerà Vita.
Vita è là: presso una lapide nera sulla quale è scritto a caratteri d'oro: 

Immerso nell'azzurro che Lo chiamava
infrantasi l'ala terrena
risalì sull'ali dello spirito
agli altissimi cieli"