Oleandro\Nerium oleander


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Nell'orizzonte della macchia, ma in ben distinte condizioni ecologiche, vive l'Oleandro, una delle più belle piante mediterranee che, nella più calda estate, quando le pendici sono riarse dall'alidore e l'arrossato paesaggio steppico è a mala pena interrotto dalle modeste oasi di verde di poche piante particolarmente resistenti, sfoggia un'esuberante fioritura di rosei fiori tra il verde intenso del suo persistente fogliame.
Cresce spontaneo sui pendii rocciosi prospicienti l mare, specialmente su terreni ricchi di calcare.

Il miracolo dell'Oleandro trova la sua naturale spiegazione in due ordini di fattori: nell'adattamento xerofitico della pianta, le cui foglie sono inspessite per lo sviluppo di due a tre strati soprannumerari di cellule costituenti tessuti atti a immagazzinare riserve di acqua e i cui stomi sono infossati così da ridurre a valori minimi la traspirazione di acqua; nelle elezione di terreni alluvionali pesanti e dei greti delle fiumare, che, ancorché asciutti per molti mesi dell'anno, vanno soggetti a inondazioni ricorrenti.

La rosseggiante fascia degli Oleandri in fiore, che accompagna per lunghi tratti le fiumare rivelandone a distanza la presenza e il percorso e delimitandone i margini sono al loro sbocco nel mare, costituisce una visione unica nel suo genere tra le più suggestive del paesaggio mediterraneo.

L'Oleandro può arrivare a uno o cinque metri d'altezza; 
i fiori si sviluppano da luglio a settembre, nelle tonalità del bianco, al rosso, al giallo. Il frutto è una capsula bruna e fusiforme, lunga 15 cm, con semi villosi.

L'antico nome di "Rhododaphne" datogli dai Greci e i nomi volgari di Laurier-rose (francese) e Rosen-Lorbeer (tedesco) sembrano voler richiamare l'attenzione sull'abbinamento nell'Oleandro delle bellezze floreali della Rosa e dello sfarzo fogliare dell'Alloro.

L'Oleandro è una pianta velenosa sia per gli uomini sia per gli animali: contiene dei glicosidi tossici (nelle foglie arrivano allo 0,05%) ovvero l'oleandrina, la disacetiloleandrina e l'oleandrina monoglicoside, che danneggiano il cuore. La morte è per arresto cardiaco.
Se si toccano le foglie, si può avere dermatite e anche la carne fatta arrostire allo spiedo o alla griglia su un fuoco di legno d'Oleandro può essere contaminata dal veleno.
Non è stato dimostrato se il miele prodotto da nettare dei fiori di Oleandro sia tossico (Nota di Lunaria: tenete presente che i libri che ho consultato sono datati e magari oggigiorno è stato ribadito che anche il miele da fiori di Oleandro è tossico, quindi sconsiglio di maneggiare questa pianta)

Il nome in latino Nerium deriva dal greco "neros", "acqua" poiché l'Oleandro si trova spesso lungo i corsi d'acqua. 
Il nome popolare "Mazza di San Giuseppe" prende origine dal racconto dei libri aprocrifi, secondo cui i pretendenti alla mano della Vergine Maria dovettero deporre sull'altare una verga: quella di Oleandro, portata da San Giuseppe", subito germogliò facendo cadere su di lui la scelta.

L'Oleandro era noto ai Greci e ai Romani per la sua velenosità.

Apuleio, nelle "Metamorfosi", trasformato in asino, cercava affannosamente le rose, unico rimedio per farlo tornare uomo; ingannato dalla somiglianza dei fiori stava per addentare l'Oleandro... però lo riconobbe e se ne allontanò.

L'Oleandro è una pianta tipicamente mediterranea che vive spontaneo ma viene anche coltivato per la bellezza dei suoi fiori. Può arrivare ad un'altezza di nove metri.
 
ALTRO APPROFONDIMENTO

La velenosità di questa pianta che in estate veste di colore e di grazia i giardini e i letti secchi delle fiumare calabre, sicule e sarde, era conosciuta già dagli antichi: tutta la pianta contiene principi attivi tra i quali l'oleandrina.






Nel 1932 Fleury e Newman ottennero, con nuovi metodi di estrazione, la folinerina, una sostanza ad attività simile alla digitale: per l'elevata tossicità può essere adoperata come cardiotonico ESCLUSIVAMENTE sotto controllo medico.























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