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Le conifere sono raggruppate secondo la forma delle foglie. I loro coni, noti comunemente come pigne, offrono un metodo alternativo di identificazione. I coni variano di misura e forma, da rotondi a compatti a lunghi e stretti. Alcuni rimangono eretti sull'albero lasciando cadere le squame per liberare i semi maturi. Alcuni tendono a pendere verso il basso quando maturano, in modo che il seme cada sul terreno.
Simbolismo del Pino, della Pigna e dell'Abete
PINO: Dirittura morale, rettitudine, vitalità, fertilità, forza di carattere, silenzio, solitudine, fallico. Essendo un sempreverde simboleggia l'immortalità. Si credeva che preservasse il corpo dalla corruzione e per questo motivo era usato per le bare ed era piantato nei cimiteri. è apotropaico.
La PIGNA ha, allo stesso tempo, la forma della fiamma e del fallo, e rappresenta la forza creativa maschile, la fecondità e la buona fortuna. La pigna può essere equiparata anche alla tromba d'aria perché ricorda un vortice o una spirale (Nota di Lunaria: e in tal caso, assume simbolismo femminile perché la Spirale è uno dei simboli della Dea), quindi alle grandi forze generatrici.
Nella cultura cinese rimanda alla longevità e al coraggio, alla fedeltà e alla costanza nelle avversità; è emblema di Confucio. Il pino è anche raffigurato con la cicogna e il cervo bianco. In Giappone era emblema della longevità, esattamente come in Cina.
Nella cultura egizia era l'emblema di Serapide, più tardi associato ad Iside.
Nell'antica Grecia era il simbolo di Zeus, essendo fallica e simboleggiante la fecondità, la pigna di pino era attributo anche di Dioniso e sormontava il suo tirso. Era associata anche ad Artemide e ad Asclepio, per i suoi aspetti terapeutici. A Roma, era l'emblema di Giove e di Venere, in quanto "pura arbor" simboleggiava la verginità di Diana. Fu associato anche a Mitra.
Presso i semiti era simbolo di vita e fertilità. L'Albero era sacro ad Attis e a Cibele.
L'abete è uno degli alberi più alti d'Europa: può superare i 50 metri e ne raggiunge anche 60. è longevo: arriva fino a 700-800 anni. Elatè, l'abete o abete rosso in greco, sembra sia stata venerata come Dea della Luna dai Lapiti, popolazione selvaggia della Tessaglia. La mitologia ha serbato traccia di questo culto sotto forma di una curiosa storia che Ovidio pone in bocca a Nestore, il quale, vecchio di 200 anni all'epoca della guerra di Troia, ne sarebbe stato testimone, il che la fa risalire ai tempi eroici. La ninfa Elatè o Cenide, la "nuova" (Luna) figlia di Corono, il "corvo" era stata violata da Poseidone, divinità del frassino cosmico; il dio, per riparare il torto, le propose di esprimere un desiderio, che egli avrebbe esaudito. Cenide, stanca della sua condizione femminile che le era valsa "l'affronto" appena subito, gli chiese di diventare un uomo. Poseidone tenne fede alla promessa e fece di lei l'invincibile guerriero Ceneo, che combatté con tanto ardore che i Lapiti ne fecero il loro re. Esaltato dalle vittorie, Ceneo piantò la sua lancia (l'abete) al centro della capitale e ingiuse il popolo di adorarla e di non avere altro dio all'infuori di essa. Zeus s'adombrò: incitò i Centauri, nemici dei Lapiti, ad assassinare il re, ma questi, protetto da un incantesimo, uccise tutti i suoi aggressori. Dopo un attimo di sconcerto, i Centauri sopravvissuti, ispirati da Zeus, e comprendendo che Ceneo poteva morire solo mediante gli alberi, sradicarono degli abeti, sotto i quali lo seppellirono. Ceneo morì soffocato. Quando vennero a dargli sepoltura, si accorsero che era ridiventato Cenide. In questa storia ritroviamo una lotta tra un culto primitivo dell'albero e la nuova religione, imposta dalla popolazione conquistata dai suoi invasori, in questo caso gli Elleni.
Il Tasso, l'Albero della Morte
Il legno di questo albero è elastico, di grana fine. Il fusto, le foglie, i semi sono velenosi per la presenza di un alcaloide, la tassina, un veleno nervino che si localizza nel bulbo provocando la morte. Per questo il tasso è chiamato anche "Albero della Morte". L'arillo rosso che avvolge il seme è l'unica parte a non essere velenosa (Nota di Lunaria: ma non toccatelo in ugual modo)
Esso è appetito dagli uccelli, che lo mangiano operando così la dispersione dei semi passati indenni attraverso il loro intestino. In passato l'arillo era utilizzato per le affezioni bronchiali. (Ok, ma voi non provateci ad usarlo. Nota di Lunaria)
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