Ferire gli alberi...



Gli Ojibway immaginavano che  gli alberi avessero un'anima e raramente li abbattevano, pensando che se lo avessero fatto avrebbero udito “il lamento degli alberi che in tal modo soffrivano”.    
A Sumatra, a certi alberi vengono tributati onori speciali in quanto incarnazioni degli spiriti dei boschi e gli abitanti delle Fiji credono che “se un animale o una pianta muore, la sua anima va immediatamente a Bolotoo”. I Daiaki del Borneo affermano che il riso contiene un principio vivente o spirito e fanno delle feste per trattenere questo spirito, in modo da evitare che il raccolto vada in rovina. Ed anche i Karen sostengono che le piante, così come gli uomini e gli animali, possiedono il loro “la” o spirito. Gli Irochesi riconoscono l'esistenza di spiriti negli alberi e nelle piante e dicono che lo spirito del grano, lo spirito dei fagioli e lo spirito delle zucche si crede abbiano la forma di tre bellissime fanciulle.    
Secondo una tradizione attuale dei Miami, un anno in cui vi fu una insolita abbondanza di grano lo spirito del grano si arrabbiò molto perché i bambini si lanciavano tra loro per giocare delle spighe, fingendo di essersi feriti seriamente a causa dei loro giochi.
Allo stesso modo, quando il vento soffia sull'erba alta o sul grano ondeggiante il contadino tedesco dirà: “Il Lupo dell'Erba” o “ Il Lupo del Grano” è in giro. Secondo Mr. Ralston in    
certi luoghi “l'ultimo fascio di spighe di segale viene lasciato a mo' di riparo per il freddo invernale per il Roggenwolf, il Lupo della Segale, ed in molti riti festivi estivi o autunnali questo essere viene rappresentato da un contadino, che assume sembianze simili a quelle di un lupo. Lo spirito del grano veniva tuttavia simboleggiato spesso sotto forma umana.   

I Wallachiani “credono che ogni fiore possieda un'anima, che la ninfea sia il fiore più puro e profumato del lago e che i suoi fiori si trovino ai cancelli del Paradiso per giudicare gli altri e credono che essa investigherà da presso ciò che hanno fatto grazie ai loro odori”.

D'altra parte, non dobbiamo confondere la vitalità spirituale attribuita agli alberi con la concezione animistica del loro essere dimora di certi spiriti, nonostante – come sottolinea Mr. Tylor – sia talvolta difficile distinguere tra le due nozioni. Prove di questi spiriti arborei giacciono abbondantemente disseminate nel folklore della maggior parte dei paesi e le cui vestigia permangono anche in razze acculturate. è vieppiù interessante    
rintracciare la medesima idea nella mitologia greca e romana. Così Ovidio narra la bella storia dell'empio attacco di Erisittone al boschetto di Cerere e potremmo ricordare come la vita delle Driadi e delle Amadriadi greche fosse collegata a quella degli alberi e, “come questo avvizzisce e muore, esse stesse decadono e cessano di essere; un qualunque danno ad un ramo o ad un ramoscello viene percepito come una ferita ed un abbattimento pone loro fine tutto in una volta – un grido di angoscia sfugge loro quando la crudele ascia si avvicina”.    
In Apollonio Rodio troviamo una di queste Amadriadi che implora un boscaiolo di risparmiare un albero cui la sua esistenza è legata:   

“Alto nell'aria risuona il colpo del boscaiolo quando, meraviglia! Una voce irrompe dalla quercia piangente:"Risparmia, risparmia la mia vita! Risparmia una vergine tremante! Oh, ascolta la preghiera dell'Amadriade! Non fare risuonare oltre quella spaventosa ascia; preserva l'albero cui la mia vita è legata. Vedi, dalla corteccia il mio sangue scorre a torrenti; mi indebolisco, cedo, muoio per i tuoi colpi”.    

Aubrey, nel riferire in merito a questa antica credenza, dice:    
“Non posso evitare di prendere nota della grande sfortuna della famiglia del Conte di Winchelsea che ad Eastwell, nel Kent, fece abbattere un curioso boschetto di querce che era accanto alla propria nobile residenza, dando con le sue stesse mani il primo colpo. Dopo poco tempo la sua Contessa morì improvvisamente nel proprio letto ed il suo figlio maggiore, Lord Maidstone, venne ucciso in mare da un proiettile di cannone”.     

Il moderno folklore europeo ci fornisce una curiosa varietà di questi alberi abitati da spiriti e ci dice che, quando viene abbattuto, l'ontano “sanguina, piange e comincia a parlare”.
Un vecchio albero della foresta di Rugaard non deve essere abbattuto perchè un Elfo vi dimora allìinterno ed un altro, ad Heinzenberg, vicino a Zell, “emise un lamento quando il iboscaiolo lo abbattè perché in esso vi era la nostra Signora ed ora la sua    
cappella giace in quello stesso luogo”.

Un tal Maerchen, austriaco, narra di un maestoso abete in cui siede una fanciulla fatata servita da dei nani che protegge gli innocenti e perseguita i colpevoli; e vi è una canzone tedesca riguardante la fanciulla nel pino, la cui corteccia il ragazzo fende con un corno d'oro e d'argento. Tra i contadini svedesi circolano altre storie di persone che, per avere tagliato un ramo da un albero dimora, sono state colpite a morte. Un albero del genere era il “klinta tall” nel Westmanland, sotto cui si diceva dimorasse una sirena.   
Presso questo albero si può talvolta vedere del bestiame bianco neve che viene condotto lì dal vicino lago attraverso i prati.
Un'altra leggenda svedese ci dice come, quando un uomo fu sul punto di abbattere un ginepro in un bosco, si udì una voce provenire dal terreno e dire: “Amico, non mi abbattere”. Ma egli diede un altro colpo quando, con orrore, vide del sangue sgorgare dalla radice.
Vi è quindi la tradizione danese che parla    
del biancospino solitario che talvolta viene visto in un campo ma che non diventa mai più grande. Alberi di questo tipo sono sempre stregati e si dovrebbe fare attenzione a non avvicinarsi ad essi di notte,” in quanto dal cespuglio esce una ruota di fuoco che, se una persona non riesce a fuggire, ne verrà distrutta”.
    
Nella Grecia moderna certi alberi possiedono il loro “stichios”, un essere che è stato descritto come uno spettro, un'anima vagante, un vago fantasma che talvolta è invisibile ed altre volte assume le forme più disparate. Va aggiunto inoltre che quando un albero   “stichimoniato”   pericoloso per un uomo “dormire alla sua ombra ed i boscaioli che cercheranno di abbatterlo giaceranno sul terreno e si nasconderanno, senza muoversi e trattenendo il    
respiro, nel momento in cui starà per cadere, temendo che lo "stichios", alla cui vita ogni colpo dell'ascia punta, si vendichi nel preciso istante in cui viene scacciato”.
    
Ritornando alle idee primitive sul tema, Mr. Schoolcraft parla di una tradizione indiana riguardante un albero cavo, dai cui recessi si diffuse in un giorno tranquillo un suono come la voce di uno spirito. Venne perciò considerato la dimora di un qualche potente spirito e di conseguenza fu considero sacro. In certe tribù alberi di questo tipo sono considerati sacri ed è proibito tagliarli. Allo stesso modo i Siamesi offrono dolci e riso agli alberi prima di abbatterli ed i Talein di Burma pregano lo spirito dell'albero    
prima di cominciare ad abbatterlo. Allo stesso modo nei boschi    
australiani vi sono demoni che fischiettano tra i rami e rendono manifesta la loro presenza.

Nota di Lunaria: c'è un film dell'orrore, "L'Albero del Male" di Friedkin, nel quale una demoniaca babysitter sacrifica neonati a un mostruoso albero carnivoro; quando il padre di uno dei neonati lo abbatte, dai rami caduti sprizza sangue fresco!

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Per questo, come osserva Mr. Keary, “gli Dei del mondo primevo sono la roccia e la montagna, l'albero, il fiume, il mare”; e Mr. Fergusson è dell'opinione che l'adorazione degli alberi, unita a quella dei serpenti, si debba considerare la fede primigena dell'umanità. Nel capitolo precedente abbiamo già parlato della teoria animistica riguardante gli alberi ed i boschi con racconti riguardanti l'adorazione e l'omaggio che si porgevano loro in origine, identificati anche, come furono in seguito, come abitazioni di determinati spiriti. Perciò, sia che si guardi la questione alla luce delle indagini passate o attuali, si ritrovano sparse nella maggior parte dei paesi varie fasi di adorazione delle piante, prova schiacciante della sua universalità nell'antichità.

Secondo Mr. Fergusson, l'adorazione arborea è nata dalla percezione della bellezza e dell'utilità degli alberi. “Con tutta la loro poesia” egli dice “e la loro utilità è difficile stupirsi del fatto che le razze umane primitive abbiano considerato gli alberi come doni speciali degli Dei agli uomini ed abbiano creduto che i loro spiriti amassero dimorare tra i loro rami o donare oracoli grazie allo stormire delle loro foglie”. Ma Mr. McLennan non considera questo l'unico motivo, aggiungendo che tale visione della questione
“non spiega completamente il caso dell'adorazione tributata ad arbusti, rettili, piante di palude ed erbe infestanti.” Egli la collega piuttosto al totemismo, affermando che gli stadi primitivi dell'evoluzione religiosa concorrono a dimostrare che “le nazioni antiche passarono, in epoche preistoriche, attraverso lo stadio del totemismo, concependo animali e piante ed i corpi celesti come Dei prima della comparsa degli Dei antropomorfici.”

Nota di Lunaria: ricordiamo che E.O.James e Robert Graves hanno dimostrato che lo stesso dio degli ebrei, Jahvè, era in realtà assimilato ad un albero: il roveto.
Tra l'altro, questo dimostrerebbe ulteriormente che Jahvè fosse un dio della guerra e della battaglia: le piante spinose erano associate agli Dei della guerra (a Marte era associato l'acanto, per esempio), mentre le piante di stagni, alghe e fiori acquatici sono tutte associate alle Dee. Il fatto che Jahvè scelga, tra tutte le piante possibili, un roveto (con spine, e probabilmente, senza nessun frutto) la dice lunga, sul suo carattere bellicoso. Molto probabilmente, in tempi antichi, associare un dio ad un roveto era un affermare molto più esplicito, sulle caratteristiche del dio in sé, che non come possa apparire oggigiorno, dal momento che nessuno di noi associa più spontaneamente le divinità agli alberi; e il fatto che nessuno, senza conoscere prima mitologia comparata, associ "roveto" a "principio bellico" è esemplificativo.

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Ugualmente certa è la prova dell'adorazione arborea in Grecia –   
particolari alberi erano sacri a molti Dei. Abbiamo così la quercia o il faggio di Zeus-Giove, l'alloro di Apollo, la vite di Dioniso-Bacco. L'olivo è risaputo essere l'albero di Athena-Minerva, il mirto era sacro ad Afrodite-Venere ed il melo delle Esperidi apparteneva ad Hera-Giunone. Come sottolinea anche un autore dell'"Edinburgh Review" “il boschetto di querce a Dodona è   abbastanza conosciuto da tutti i lettori di classici da non avere bisogno di citare dettagliatamente i suoi oracoli o il suo carattere altamente sacro.
Il sacrificio di Agamennone in Aulide, come narrato nell'apertura dell'Iliade, collega l'adorazione dell'albero e del serpente fra loro e l'albero del bosco della piana sacra sotto cui venne celebrato il sacrificio venne conservato nel tempio di Artemide-Diana come sacra reliquia fino, secondo Pausania, al secondo secolo dell'era cristiana.” 


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A volte si raccontava che gli alberi parlassero: a Maumusson una quercia fece udire i suoi gemiti, e fu ai suoi piedi che i repubblicani uccisero il curato della parrocchia. A Lanmodez sanguinava il biancospino che cresceva accanto alla roccia detta "la sedia di san Maudez"; alcuni alberi sono garanti dei giuramenti e puniscono gli spergiuri, come la quercia di una leggenda dell'Angiò, sotto la quale un signore giurò eterna fedeltà alla fanciulla che aveva sedotto. Dimenticata la promessa, gli accadde di passare sotto la quercia il giorno in cui la sventurata fanciulla moriva: l'albero si abbattè su di lui, schiacciandolo. In un racconto alsaziano, un pero e un melo chiedono a una fanciulla il motivo del suo dolore e la consolano facendole cadere nel grembiule i loro frutti migliori. Ci sono anche alberi che cantano per salutare le persone cui dimostrano il loro rispetto; Orfeo faceva muovere gli alberi al suono della sua lira.  

(da "Mitologia degli alberi" di Jacques Brosse)